CELEBRI VIGNOLESI



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CANTO A VIGNOLA



Qui sotto trascriviamo per intero Canto a Vignola, avendo cura di normalizzare gli accenti alle convenzioni tipografiche odierne e di togliere il punto sia dopo il titolo sia dopo il nome del Vignolese (in maiuscoletto nel testo a stampa, in tutto maiuscolo qui di seguito), alla fine. Nell’originale, la numerazione delle note a piè di pagina ricomincia ogni volta che ha luogo il passaggio alla pagina successiva; nella presente sede, invece, abbiamo preferito adottare una numerazione consecutiva con asterischi dall’inizio alla fine del poemetto, collocando in chiusura tutti i testi delle note.



Canto a Vignola


Salve o terra natal, Vignola mia
Alto-turrita, che prospetti l’onda
Dello Scoltenna e i colli,
Ch’han sì bella sembianza e sì gioconda!
Ogn’anima gentil, cortese e pia,
Cui patrio affetto il cor tempri ed ammolli
Con me ripeta il grido:
Salve o terra natal, mio dolce nido!

Perché sui campi che d’intorno guardi
Spessi metteano e fertili i vigneti
Te nomaron Vignola*;
Come Italia menò suoi dì lieti,
Preda ai lupi voraci e ai feri pardi,
Tolta ogni legge e la natìa parola,
Che surgessi è membranza
D’un italo Barone a fida stanza**.

Eccelso monumento de’ nostr’avi,
Tua rocca siede con suggello in fronte
D’alta potenza antica:
D’inclito Sire per le cure pronte***,
In tempi meno di ferocia gravi,
Crebbe più salda a percossa nemica.
Oh! il sire benedetto,
Che non atterra, ma rinnalza un tetto.

Io la passeggio taciturno e mesto
Quando si copre il ciel d’ammanto nero;
E l’alma si commuove:
Scorgere mi rassembra il Cavaliero
Volare a pugna dall’assalto desto,
E co’ gagliardi suoi vincer le prove;
Volge conquisa in fuga
L’avversa turba, che il terror la fruga.

Poi sento del lïuto l’armonia
Che il trovatore al dolce canto sposa;
Rapita dal concento
L’ascolta già la vergine amorosa,
E di quello si bea, di quel che s’india;
Le parla al core il dilettoso accento
Del prode che l’avvinse,
E per lei ruppe lancia e il campo vinse.

Or sui robusti merli e sugli spaldi
Svolazza il gufo, e le lucenti sale,
U’ s’accolsero a danza,
Fra il convitar, gli evviva alterni e i vale,
Le vaghe donne ed i guerrieri baldi
Stan orrido ricetto a scelleranza;
Qui si raccolgon, quivi
Coloro che vanno per misfar captivi****.

Mi rissovengon tue sventure acerbe,
O cara patria e strignemi pietate.
Quante volte in ruina
Precipitâr le tue mura scrollate!
S’altri a ristauro più l’ergea superbe,
A danni lor Bologna la vicina*****
Poderosa affrettava
E novamente ad isfacel le dava.

Ed Enzo Re****** poscia lanciando il fuoco
Sulle tue case, ardesti tutta in vampo.
T’angosciaron le strida
E il macello de’ tuoi, tolto ogni scampo:
De’ pargoli sentisti il pianto roco
Cessare ai colpi del fero omicida,
E da te pur s’intese,
Ch’eran tue donne orribilmente offese.

Né cogli anni lasciò la ria ventura
Di farti segno a’ suoi crudeli scempi,
Né la calunnia odiata:
Maledizion maledizione agli empi
Nemici tuoi, che di vergine pura
E d’ogni sozza labe immacolata,
Te disser vile e astuta
Di brago aspersa ed in bordel vissuta.

Fierissimo dolor! Qual fia conforto?
Oh! dei sommi tuoi figli la memoria!*******
Cielo e terren lor desti;
E n’hai già in guiderdone eterna gloria.
Ma un novo raggio nel tuo fronte è scorto?
Scuotiti a gioja dai pensier molesti;
Su via levati e mira,
Ecco l’italo genio che t’inspira.

Come il prode che vinto nella sfida
Da fraude sì non da virtù nemica,
Se pur si racconsola
A primiero valore, a fama antica,
In nove pugne anco un ristoro affida;
Così nel duol che t’ange o mia Vignola
Ti sia caro sostegno
De’ tuoi garzoni anco il possente ingegno.

Crebbero sì, su questo suol, spirato
Hanno il purissimo aëre dei colli.
Coll’opre dei grand’avi
D’essi le menti ad alto volo estolli.
Quando Ausonia a lor plauda d’ogni lato,
Qual gioja fia la tua, quai dì soavi!
Oh! qual giocondo evviva
S’udrà echeggiar su tua festante riva.

Salve salve o Vignola, dolce stanza
De’ miei primi anni; a te fu sciolto il canto,
E il suon della mia lira;
A te i sospiri, a te il lugubre pianto,
E il desïar senz’ombra di speranza
Di questa accesa fantasia delira.
Salve, ed il mio saluto
Di nova luce non ti torni muto.


                                     FRANCESCO SELMI



* Le bellissime colline che ora declinando a valle ora sollevandosi a cima s’avvicendano maravigliosamente, formando nel contorno del castello di Vignola una specie d’anfiteatro, furono anticamente coltivate a vigna. Dalle quali vignette o vineolae o viniolae (in latino barbaro) venne il nome di Vignola. Un antico autore l’appellò Neviola, ma sembra nome corrotto da Viniola; al che ci conforta l’osservazione, che l’arme di Vignola si compone d’una vite con grappoli maturi sostenuta da un palo, in campo turchino, secondo il Belloi cronista vignolese.
** La prima memoria certa ch’abbiasi di Vignola è dell’anno 826. Nell’anno 936 essa era già forte castello. Le tenebre nella quale s’avvolge la fondazione di lei hanno permesso all’autore d’imaginarla in uno di quegli avvenimenti, che nel più cupo del medio evo per le barbariche inondazioni, dovevano tornare più frequenti.
*** È questi Ambrogio Contrario, il quale nell’anno 1473, essendo Signore di Vignola, ne ampliò e ristaurò la rocca, edificò molta parte del castello ed abbellì le case e le contrade. Belloi nella sua cronica riferisce cotal fatto, e lo esalta con magnifiche lodi.
**** Molte stanze della rocca sono state convertite ad uso di prigione.
***** I Bolognesi nel lasso di tempo d’undici anni, per due volte espugnarono il castello di Vignola, cioè nel 1228, essendo capitanati dal conte Alberto da Mangone, poscia (avendolo già restituito in tal frattempo ai Modenesi) il ripresero a viva forza nel 1239.
****** Nell’anno 1247 Enzo Re, movendo colla sua oste contro i fuorusciti Modenesi, nelle mani de’ quali era il castello di Vignola, quivi trasse, e quivi appiccò le fiamme, onde arse interamente.
******* Fra i passati, basti accennare un Barozzi, un Cantelli, un Muratori, ed un Soli; fra i viventi, valga nominare il ch. prof. Antonio Alessandrini decoro dell’Università Bolognese e d’Italia tutta.




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